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"Verba volant scripta manent": non è vero. La scrittura non resta, come recita il noto proverbio latino; al contrario è labile, allo stesso modo della condizione della memoria. La paura continua della perdita e della dimenticanza, della fragilità e dell'instabilità che percorre molte opere letterarie dell'Europa moderna non è solo metaforica ma, come ci ricorda Chartier, è la condizione di tutti i testi, manoscritti o a stampa, colti o popolari, antichi o moderni. Questa inquietudine che ci tormenta da sempre è tanto più vera oggi, con il passaggio dei testi dal codex allo schermo: l'illusione di Borges di una biblioteca senza pareti che comprenda tutti i testi finora scritti sembra infrangersi contro la deperibilità e il rapido invecchiamento dei supporti tecnici che li veicolano e rendono i dati volatili, instabili, facilmente cancellabili, come le parole d'amore per Dulcinea di Don Chisciotte. "Ascoltare il passato con gli occhi", magistrale lezione inaugurale di Chartier al Collegio di Francia, indaga la paura dell'oblio, attraverso il confronto con autori moderni e contemporanei - da Kant a Foucault, da Pierre Bourdieu a Paul Ricoeur - e la funzione fondamentale dello scritto nella produzione dei saperi, nello scambio delle emozioni e dei sentimenti, nelle relazioni che gli uomini hanno intrattenuto gli uni con gli altri, con se stessi o con il sacro.